L’Associazione medici per l’ambiente (ISDE Italia), insieme a Medicina Democratica e all’Associazione Gestione Corretta Rifiuti e Risorse (GCR) di Parma, ha deciso di fare chiarezza sulla puntata di Report, andata in onda il 18 ottobre, relativamente ai rifiuti dalla macellazione (sottoprodotti animali) che non sono fonti rinnovabili.

Secondo le associazioni infatti la trasmissione avrebbe fornito agli utenti informazioni parziali e incomplete: la materia presenta diversi aspetti che riguardano tanto la sanità veterinaria, quanto la gestione dei rifiuti.

Bisogna specificare che gli scarti di macellazione ed i grassi da sempre sono sempre stati riutilizzati in particolare nella produzione di alimenti per animali di compagnia, solo di recente, è stato incentivato il loro utilizzo come combustibili. Bruciando un combustibile (anche “naturale”) vi sono degli impatti ambientali che non ci sono – o sono ridotti – quando lo stesso rifiuto viene riciclato. La questione ha avuto grande attenzione anche da parte delle istituzioni europee a partire della crisi dovuta al “morbo della mucca pazza” (BSE). Sono suddivisi in 3 categorie e la 1 è quella a maggior rischio di contaminazione proprio in quanto comprende materiale sospetto per BSE e pertanto, ove lo si voglia bruciare in “sicurezza”, deve essere incenerito in caldaie che raggiungano i 1.100°C (fino a pochi anni fa solo inceneritori e cementifici potevano bruciare questi rifiuti), nonostante la Sanità Veterinaria consideri i 133° la temperatura in grado di inattivare il Prione della BSE, lasciando poi il rifiuto alla sua gestione con i 1100° e in questo caso alla postcombustione dei fumi.

Dal 15 luglio 2014, in contrasto con precedenti decisioni, la UE ha impropriamente deciso che i normali motori a combustione interna, in cui vengono raggiunte temperature relativamente basse, sono equiparabili a tali caldaie, creando quindi un potenziale ulteriore rischio per la salute umana in merito alla produzione di inquinanti. Su questa decisione sono in corso interrogazioni a Bruxelles. La soluzione potrebbe essere usare un postcombustore che utilizza fonti fossili (es. metano), ma determinerebbe un problema economico per i gestori di questi impianti: l’equiparazione ha l’unico obiettivo di rendere profittevole la moltiplicazione di piccoli impianti alimentati a grassi animali senza curarsi dei maggiori impatti ambientali dovuti anche alle modalità della combustione.

Durante la combustione, sottolineano ancora le associazioni, si liberano anche numerosi contaminanti. Questi impianti, presentati come progetti per “BIOMASSE, FONTI RINNOVABILI, SOTTOPRODOTTI”, in realtà spesso vanno classificati come RIFIUTI ,e se si vuole bruciare dei rifiuti lo si dovrebbe poter fare solo alle rigorose condizioni previste per gli inceneritori.

Dire che la Regione Emilia Romagna sia un modello da questo punto di vista e che Bergamo e Modena siano città che affrontano “burocraticamente” il problema solo perché hanno chiesto pareri ai Ministeri della Salute e dell’Ambiente è fuorviante, in quanto l’Emilia è tra le regioni più inquinate d’Europa e non è stato specificato che nel 2012  ha emesso un documento chiarificatore in cui si definiscono i grassi di categoria 1 (i peggiori) i rifiuti e non fonti rinnovabili o sottoprodotti e quindi non possono rientrare tra i “combustibili da biomasse” come invece affermato nella trasmissione.

Anche i cittadini hanno costituito dei comitati in opposizione a questi progetti, ma non è stato detto nulla al riguardo. Non è colpa dei cittadini se il mercato è fermo e se i motori di quell’imprenditore sono spenti: le colpe sono da ricercare in quei funzionari delle Provincie e delle ASL che hanno dato pareri preventivi favorevoli agli imprenditori, dicendo che – in presenza di una normativa non chiara – era possibile comunque realizzare il progetto, quando la realtà è ben diversa e sconsiglia l’uso di questi scarti per ottenere energia.

Le associazioni chiedono pertanto una adeguata rettifica o uno spazio di replica alla trasmissione, sentendo tecnici e rappresentanti di comitati di diversa opinione.